André Leroi-Gourhan: IL GESTO E LA PAROLA. Volume secondo. La memoria e i ritmi.

Giulio Einaudi editore

Collana: Einaudi Paperbacks

Anno di stampa: 1982

pagg. 225 (da p. 258 a p. 482);  21 cm

Classificazione Dewey: 302.2 LER

Collocazione:

Descrizione

Da: https://monoskop.org/images/e/ed/Leroi-Gourhan_Andre_Il_gesto_e_la_parola.pdf

Dopo Evolution etTechniques, nei cui due volumi venivano ricercate le origini del lungo cammino che avrebbe portato, nel secolo scorso, al­la civiltà delle macchine, André Leroi-Gourhan ci ha dato, con II gesto e la parola, anch’esso suddiviso in due parti, una eccezionale sintesi pa­leontologica ed etnologica {Tecnica e linguaggio), da un lato, sociologi­ca ed estetica (La memoria e i ritmi),dall’altro, della progressiva «li­berazione» della specie umana attraverso il suo comportamento mate­riale nello spazio e nel tempo (dalla liberazione della mano, dell’uten­sile, della forza, fino a quella della memoria). Una sintesi in cui il pas­sato più remoto entra in rapporto diretto con il futuro più vicino, al di là della situazione dell’«uomo immediato» (quello del nostro fugace presente), ancora situato entro i confini dell ‘homo sapiens, quando il mito di un trasferimento cosmico ha già preso consistenza.«A tutti i livelli di civiltà, fin dai tempi più remoti – scrive l’Autore all’inizio del primo volume – una delle preoccupazioni fondamentali dell’uomo è stata la ricerca delle sue origini. Ancora oggi tutti gli uo­mini di cultura, non sapendo dove sono diretti, nutrono lo stesso desi­derio dei loro antenati di sapere da dove provengono». E, al termine del secondo volume, dopo avere respinto l’ipotesi apocalittica di una distruzione atomica, afferma fiduciosamente: “È meglio puntare sul­l’uomo. Possiamo immaginare l’uomo di un avvenire prossimo deciso, in seguito a una presa di coscienza, a restare sapiens.La specie è anco­ra troppo legata alle sue radici per non cercare spontaneamente quel­l’equilibrio che l’ha portata a diventare umana». È un’affermazione che può essere condivisa, anche se, liberato grazie alla sua stessa evo­luzione, l’uomo della zoologia si trova «probabilmente al termine della sua carriera”.