Carlo Levi: IL FUTURO HA UN CUORE ANTICO. Viaggio nell’Unione Sovietica.

Giulio Einaudi editore

Collana: Nuovi Coralli

Anno di stampa: 1982

pagg. 283;  20 cm

Classificazione Dewey: 853.91 LEV

Collocazione:

Descrizione

Da: http://www.aurorarivista.it/articolo.php?cat=memoriatt&id=230____il_futuro_ha

“Il futuro ha un cuore antico” di Carlo Levi

di

Davide Rossi

Nel 1955, tra ottobre e novembre, in occasione dell’edizione in lingua russa di “Cristo si è fermato a Eboli”, Carlo Levi si reca per un mese in Unione Sovietica e ne scaturisce uno straordinario diario di viaggio: “Il futuro ha un cuore antico”, trecento pagine di potente densità e intensità, in cui racconta con descrizioni sempre poetiche e profondamente attente ai risvolti umani un popolo, o meglio, molti popoli, dai russi agli ucraini, dagli armeni ai georgiani, che ha la fortuna di incontrare. Le sue considerazioni sono interessantissime, ma prima di tutto emergono alcune caratteristiche dei popoli sovietici molto interessanti, la cordialità, la semplicità estranea a qualunque esteriorizzazione individualista, il diffuso senso religioso, dalle icone nelle case contadine, alle chiese piene in tutte le città, con riti officiati da popi e vescovi, addirittura una riunione di primati armeni di tutto il mondo per l’elezione a Mosca della loro nuova guida. L’esatto contrario della propaganda democristiana e occidentale che allora cercava di accreditare la nazione degli operai e dei contadini come ostile ai sentimenti e alle pratiche religiose, quando invece Levi riconosce nei luoghi sacri e nell’amore con il quale sono preservati e frequentati una parte dell’identità del popolo sovietico che non si è negato il tempo della trascendenza.

Levi riconosce subito un aspetto di fierezza modesta, una dignità povera e fraterna, figlia di una antica cultura contadina e con straordinaria lucidità osserva come il Novecento e i suoi sconvolgimenti abbiano prodotto tra campo socialista e Occidente sviluppi antitetici. In Occidente per conservare i rapporti sociali e politici si sono rovesciati i costumi e i sentimenti, nei paesi socialisti e in specifico in Unione Sovietica si sono rovesciati i rapporti sociali e politici e si sono conservati i costumi e i sentimenti. In questo quadro l’Occidente che ha pigiato l’acceleratore sul tema dei diritti civili ha avuto buon gioco a definire conservatrici le società socialiste. Tuttavia Carlo Levi ravvede proprio in questo una qualità in più del sistema socialista, vede un Occidente ancorato alle sue vecchie strutture, alle sue “travi venerabili e tarlate”, agli interessi consolidati e cristallizzati delle classi dominanti, interessante come lo scrittore ne veda scaturire una società erotica, anarchica e astratta, ma decisamente totalitaria, ovvero ravvede nella società liberal – liberista di fatto elementi di maggior totalitarismo culturale che non nei paesi socialisti, sottolineando, per quanto concerne nello specifico la cultura europea e la sua crescente subalternità nel secondo dopoguerra a quella statunitense: “una civiltà tutta storica perdeva i suoi limiti e il suo pudore in contatto con la nuova civiltà statunitense costruita su un volontario rifiuto della storia”. Ecco che allora l’Unione Sovietica appare allo scrittore come un’Europa perduta, preservatasi grazie alla sua Rivoluzione nazionale, ovvero la Rivoluzione d’Ottobre.