Descrizione
Dalla retrocopertina.
Curato dallo stesso autore, questo volume raccoglie tutti i migliori saggi di Marcuse apparsi dal 193 in poi. Troviamo qui il Marcuse filosoficamente più impegnato, sia nell’analisi del pensiero contemporaneo, dalla psicanalisi a Sartre e a Max Weber (cui è dedicato il famoso saggio che segno la rentrée di Marcuse in Europa), sia nella definizione del proprio, di cui emerge qui la sostanziale continuità a partire dagli anni trenta.
Anzi, alcuni scritti di quel periodo, sopratttutto “Sul carattere affermativo della cultura” e “Per la critica dell’edonismo”, impostano le questioni fondamentali al centro del pensiero marcusiano con una limpidezza e un rigore filosofico raramente eguagliati nelle opere posteriori.
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Da: https://www.treccani.it/enciclopedia/herbert-marcuse/
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Marcuse ⟨-ùuʃe⟩, Herbert. – Filosofo e sociologo (Berlino 1898 – Starnberg, Baviera, 1979); insieme a Horkheimer e Adorno fu uno dei maggiori rappresentanti della cosiddetta teoria critica della società elaborata dalla Scuola di Francoforte. Studiò a Berlino e a Friburgo, subendo profondamente l’influenza della filosofia di Heidegger: il frutto più significativo di ciò fu Hegels Ontologie und die Grundlegung einer Theorie der Geschichtlichkeit (1932; trad. it. 1970), libro nel quale, malgrado lo sforzo per riconquistare la dimensione concreta della storia, predominano ancora tutti i temi dell’analitica esistenziale di Heidegger. Costretto a emigrare all’avvento del nazismo, si trasferì nel 1933 a Ginevra e l’anno dopo a New York, dove diventò membro dell’Institute of social research della Columbia University. Appartengono a questo periodo una serie notevole di scritti, tra cui: Der Kampf gegen den Liberalismus in der totalitären Staatsauffassung (1934), Autorität und Familie in der deutschen Soziologie bis 1933 (1936; trad. it. 1970), Ueber den affirmativen Charakter der Kultur (1937), Philosophie und kritische Theorie (1937). Negli anni 1942-50, M. lavorò all’Office of strategic services, collaborando anche al Russian Institute della Columbia University nonché al Russian research center della Harvard University. La sua opera forse più importante, Reason and revolution: Hegel and the rise of social theory (trad. it. 1968), vide la luce nel 1941. Si tratta di un vasto affresco che abbraccia la formazione e lo sviluppo della filosofia di Hegel dagli scritti giovanili a quelli della piena maturità, estendendosi poi in un’analisi delle trasformazioni subite dalla teoria sociale, con Comte, Marx, Stein, ecc. Alla seconda edizione di questo libro, uscita nel 1954, seguirono presto tutti gli altri scritti più importanti e significativi: da Eros and civilization: a philosophical inquiry into Freud (1955; trad. it. 1964), che è una ricerca filosofica intorno al significato dell’opera di Freud, fino a Soviet marxism (1958; trad. it. 1968). Il libro, tuttavia, a cui sono legate la straordinaria e improvvisa fortuna dell’autore, e l’influenza eccezionale che egli ha esercitato nell’ultimo scorcio degli anni Sessanta sul movimento studentesco, soprattutto americano e tedesco, è One-dimensional man. Studies in the ideology of advanced industrial society (1964; trad. it. 1967). Si tratta di una critica della società industriale avanzata, la quale avrebbe la tendenza a negare e riassorbire, al proprio interno, qualsiasi opposizione: in questa società della massima integrazione, la realtà ingloba in sé anche l’ideale che dovrebbe confutarla. Il contrasto tra cultura e società appare appiattito, nel senso che la cultura non oppone più all’esistenza valori trascendenti e alternativi, ma si presenta come conferma e convalida della realtà. La classe operaia stessa, che nello schema di Marx doveva rappresentare l’alternativa suprema, appare inglobata e integrata nella società consumistica, sicché l’autore mostra di confidare, ai fini del “rifiuto” di questa società, solo nei declassati e negli esclusi.